Il Monte Miletto, lontano e bello come l’amicizia di ha condiviso questa escursione


Posso definire il Monte Miletto il 2000 di casa, essendo l’unica vetta che superi la fatidica quota ad essere situata in una posizione accessibile in tempi ridotti – circa un’ora – da Benevento, mia città natale. Conosco bene il suo versante meridionale, affacciato sulla piana campana della provincia di Caserta, poiché l’ho percorso ripetutamente da quando è maturata la consapevolezza della mia passione montanara; ho, invece, poca confidenza con il versante opposto, che ho visitato diversi anni fa ma mai apprezzato per la deturpante antropizzazione di Campitello Matese. La salita alla cima avverrà proprio da quest’ultimo versante, che ospita la via normale. Si tratta di un percorso breve (circa 2,5 km di cammino con 620 m di dislivello), poco selvaggio ed impegnativo, caratteristiche che lo rendono per me scarsamente appagante. Nonostante ciò, mi sento eccitato dall’idea di guidare in questo remoto angolo appenninico un trio di valenti appenninisti quali sono Doriano, Luca e Mauro: il legame con la mia terra sannitica è tale che il desiderio di farne conoscere anche una sola sfaccettatura mi rifornisce di una grande carica emotiva! Il viaggio in auto da Roma non è breve – quasi 3 ore – ma il tempo vola letteralmente, spinto dalla curiosità e dall’entusiasmo che ci ha fatti precipitare giù dal letto in piena notte. Alle 7:30 facciamo capolino nel pianoro di Campitello Matese, base di partenza dell’ascensione al Miletto. Nonostante il sole sia già ben visibile sull’orizzonte, la stazione sciistica sta ancora sonnecchiando: un’atmosfera di desolazione domina i parcheggi completamente vuoti e la schiera di alberghi deserti, dall’aspetto di grossi casermoni di cemento, che delimitano l’estremità settentrionale della conca innevata. Per coloro che, come me, amano immergersi in ambienti incontaminati, la vista di questo deforme frutto della speculazione turistica è quantomeno deprimente; fortunatamente, nelle restanti direzioni il panorama è splendido. La massiccia ed imponente mole rocciosa del Miletto e della Croce Matese (1957 m, chiude l’arcuata cresta N del Miletto), biancheggiante per la neve che riflette i raggi del sole mattutino, domina la vista verso meridione; più a est, a circa 2 km dal nostro punto di osservazione, spicca l’elegante dorsale della Gallìnola (1923 m, seconda elevazione del Matese), esaltata dallo spesso manto di neve e ghiaccio che ricopre il suo versante molisano; infine, una fitta faggeta in veste invernale ricopre i rilievi tondeggianti che si innalzano sul lato orientale del pianoro. Lasciata l’auto nel parcheggio più ravvicinato alle basi delle seggiovie – dal quale è immediato l’approccio alle pendici del Miletto – mentre completiamo la vestizione, ecco un insperato segnale di risveglio: un bar sta aprendo i battenti. È questione di pochi secondi, e siamo dentro a gustare un caffè accompagnato da una gustosa fetta di torta di crema e pinoli – degno preludio delle bontà gastronomiche sannite che avremmo apprezzato qualche ora più tardi! La colazione ci consente di smaltire rapidamente l’intorpidimento provocato dal viaggio in automobile: l’attesa salita al Monte Miletto può iniziare. Secondo il programma concordato proprio durante il viaggio, oltre alla cima principale (2050 m) sarà raggiunta anche la vicina anticima nord (2040 m), che è riconoscibile già da Campitello per la presenza di una capanna di legno sulla sua sommità. Grazie a questo costante riferimento visuale, anche con il terreno innevato che nasconde i segnavia del CAI, la salita non comporta alcuna difficoltà di orientamento, e può avvenire senza percorso obbligato, concatenando a piacimento passaggi nei boschetti di faggio, attraversamenti di piste da sci e progressione su ripide creste erbose. Altro utile riferimento per la salita è la Seggiovia del Caprio, che risale in direzione S-O le pendici orientali del Miletto, la stessa direzione che è preferibile seguire per raggiungere la vetta. Confortati dal tepore del sole e dalla piacevole consistenza del fondo di neve ghiacciato dal vento di tramontana, iniziamo a camminare lungo la pista sciistica Cristallo. Dopo un breve tratto pianeggiante, un’improvvisa ripida salita ci mette subito alla prova: i pendii ricoperti di neve ghiacciata, compattata dai mezzi cingolati per la manutenzione delle piste, sono ideali per gli sciatori ma insidiosi per noi escursionisti, che siamo invitati all’uso dei ramponi per evitare rovinosi scivoloni – a questo proposito Mauro e Luca possono fornire la loro esilarante testimonianza! Superati con un po’ di impaccio i primi cento metri di dislivello, decidiamo di abbandonare le piste battute per proseguire sulla cresta che conduce all’arrivo della Seggiovia del Caprio. Alternando neve compatta ma non portante a spallette erbose disseminate di roccette, la progressione diviene molto più sicura e ben presto i ramponi diventano inutili. Più saliamo, più il cammino si fa gradevole e si spezzetta con frequenti soste per scambiarsi una battuta scherzosa o un’impressione sul paesaggio, completamente estraneo agli occhi Doriano, Luca e Mauro. È soprattutto la Gallinola, sempre meglio visibile al crescere della quota, a sollecitare costantemente la curiosità – anche la mia, che l’ho già conosciuta – per la particolare orografia della cresta che la collega a Campitello; non è un 2000, ma siamo tutti concordi che questo non sia un motivo valido per scartare l’ipotesi di una sua futura esplorazione, magari proprio in occasione del prossimo appuntamento di Aria Sottile sul Matese. Quando superiamo quota 1700 m sono trascorsi circa tre quarti d’ora dall’inizio della salita. La stazione di arrivo della Seggiovia del Caprio è ben visibile in corrispondenza dell’innesto della spalla rocciosa che stiamo risalendo con la parete orientale del Miletto, a poco meno di 400 m di distanza in linea d’aria; alla nostra destra si apre il maestoso anfiteatro glaciale del Miletto, sul quale precipitano i poderosi bastioni rocciosi che compongono l’arco di cresta settentrionale; più in basso, notiamo i primi sciatori scarrozzati in quota dagli impianti di risalita che degradano questo suggestivo scorcio del Miletto. Ancora qualche minuto di cammino e siamo alla stazione di arrivo della seggiovia, un rozzo capannone di legno che pare sfornare sciatori in continuazione. La cima del Miletto è ormai vicina – mancano 200 m di dislivello – e la sua croce di vetta è già parzialmente visibile, per cui ci concediamo una sosta affacciandoci sul versante campano, che finora era rimasto nascosto dalla spalla orientale del Miletto. Con un po’ di disappunto osserviamo che l’aria non è sufficientemente limpida da consentirci di scorgere il Mar Tirreno all’orizzonte, ma la panoramica che si apre ai nostri occhi è comunque molto ampia e soddisfacente: l’azzurro intenso del Lago del Matese – il lago di natura carsica più elevato d’Italia – domina l’altopiano sottostante, intorno al quale digradano le boscose forme del settore meridionale del gruppo; spingendo lo sguardo oltre questa fascia montuosa, nella foschia si riconoscono, in ordine di vicinanza, le sagome del Taburno-Camposauro, del Partenio e dei Picentini; più a ovest, all’orizzonte, s’intravede la mole del Vesuvio che si innalza sul litorale campano. Quando riprendiamo la salita, un intenso vento di tramontana ci sorprende. Il sole è alto e radioso, quindi non soffriamo per il freddo, tuttavia la nostra progressione sulla cresta orientale viene parzialmente rallentata dalle forti raffiche laterali. Dalla nostra sosta panoramica impieghiamo circa mezz’ora per coprire il dislivello che ci separa dalla vetta, ma il gruppo si frammenta provvisoriamente sia perché ciascuno si cimenta nella ricerca di itinerari poco esposti alle correnti, sia perché l’infido terreno ricoperto di erba bagnata e sassi instabili spinge, a tratti, a preferire il fondo innevato. Il primo ad arrivare in vetta è Doriano; qualche minuto più tardi Mauro chiude il gruppo. Sono le 9:45 e siamo tutti entusiasti ai piedi della grande croce gialla che si erge sulla sommità del Miletto! Contrariamente ai nostri desideri, non possiamo trattenerci in vetta per goderci la conquista e condividere le nostre impressioni sulla salita. Il vento è così impetuoso da staccare dal suolo e trascinare con sé frammenti di neve ghiacciata; tolgo i guanti, che mi impacciano nell’uso della macchina fotografica, ma resisto pochi secondi prima di reindossarli. Così, scattate le foto di rito – con tanto di bandiera di Aria Sottile sventolante! – decidiamo di spostarci subito verso l’anticima nord, che raggiungiamo in pochi minuti di cammino lungo la panoramica cresta settentrionale. Anche qui il vento non ci da tregua, costringendoci a cercare un riparo alle spalle della capanna di legno che sorge sul punto più elevato della cresta. Approfittiamo della nuova sosta per ammirare le propaggini nord-occidentali del Matese, con il Colle Tamburo (1982 m) in primo piano ed i laghi di Letino e di Gallo in evidenza sul retrostante fondovalle; ad alcune decine di chilometri alle loro spalle, anche se parzialmente nascosta dalla foschia atmosferica, risalta la schiera innevata dei Monti della Meta (dal Mare al Petroso), dei Marsicani (ben visibili il Marsicano ed il Greco) e della Majella (notevole la visibilità dell’Amaro e dell’Acquaviva). Come per la salita, anche la discesa non avviene seguendo un percorso preciso o segnalato: la distesa di neve che il canalone a E dell’anticima del Miletto è un richiamo irresistibile per quattro escursionisti in cerca di divertimento! Con grossi balzi nello spesso strato di neve molle, in pochi minuti ci lasciamo alle spalle la parte più ripida del canalone; ma ben presto rallentiamo l’andatura, desiderosi di stemperare la fretta di ritornare a valle. Il vento ha smesso di sferzare i nostri volti, il sole irradia un tepore rilassante, la vista è gratificata dagli ameni paesaggi del Matese, e noi ci sentiamo pervasi da un’insolita euforia d’alta quota... se non abbiamo potuto vivere con l’intensità desiderata la permanenza in vetta a causa dell’ostilità degli agenti atmosferici, ora che questi ostacoli sono svaniti nulla ci impedisce di godere appieno la semplice discesa che ci attende! Il rilassante ritorno ha l’effetto di farci quasi smarrire la cognizione del tempo. Tornati all’altezza della Seggiovia del Caprio, proseguiamo approssimativamente nella stessa direzione dell’andata, ma su una traiettoria sfalsata di alcune decine di metri a N-O. Preferiamo seguire inizialmente il tracciato delle piste da sci – ben attenti ad evitare di essere investiti dagli sciatori che sfrecciano pochi metri di distanza – per poi deviare attraverso le fasce di faggi, che negli ultimi ripidi tratti di discesa offrono più stabilità ai nostri passi. Quando finalmente riemergiamo dalla faggeta che contorna il pianoro di Campitello ci accorgiamo che sono quasi le 12:00... abbiamo impiegato più tempo per la l’agevole discesa che per l’erta salita! Tra soste fotografiche, improvvisi sprofondamenti nella neve pastosa e piacevoli scambi di battute, il tempo è trascorso rapidamente. La monotonia e la fatica che solitamente emergono sulla via del ritorno sono state sopraffatte da un’intesa sorta con naturalezza – tanto sorprendente quanto coinvolgente – tra persone che hanno iniziato a conoscersi da qualche giorno appena. Sono i momenti di amicizia e condivisione i ricordi più preziosi che ho raccolto durante questa salita al Miletto. Mi accorgo che l’esperienza vissuta nelle ultime ore è riuscita persino a capovolgere alcune mie idee preconcette: prima della partenza ero piuttosto scettico sulla godibilità del percorso, ora sono impaziente di approfondire la mia conoscenza di questo settore del Miletto per poterla condividere con tutti coloro che vorranno accompagnarmi nelle mie future esplorazioni o che avranno la pazienza di ascoltare i miei racconti. La montagna è una fonte inesauribile di significati con i quali rivestire ogni esperienza che un osservatore superficiale riterrebbe insulsa, una fonte vigorosa capace di scardinare le convinzioni infondate di coloro che si dispongono intimamente alla prova. La prima spedizione di Aria Sottile sul Monte Miletto si conclude con successo e grande soddisfazione, ma c’è ancora tempo per un’esplorazione delle pendici molisane del Matese. Doriano, Luca e Mauro mi affidano l’incarico di condurli ad un locale che offra pietanze della tradizione locale, ed io non deludo le loro aspettative di un pranzo gustoso ed appagante. Tornando sulla SS87 e procedendo per circa 15 km in direzione Campobasso, si raggiunge Altilia (fraz. di Sepino), dove sorgono le affascinanti rovine della cittadella romana di Saepinum. L’accesso alla zona archeologica è posto immediatamente a lato della strada, ed è affiancato ad un’ottima trattoria a gestione familiare. Con lo stesso entusiasmo della discesa dal Miletto – forse anche di più per la gran fame! – assaporiamo una selezione di primi piatti casarecci (chitarrine condite con pomodorini, porcini e scaglie di formaggio stagionato; ravioli ripieni di ricotta e mandorle e conditi con porcini e tartufo) seguita da genuini salumi e formaggi dell’alto Sannio (soppressata, capicollo, mozzarella di Bojano, caciocavallo), il tutto accompagnato da un corroborante vino Aglianico. Al termine di cotanto pranzo, la visita dell’antica Saepinum impreziosisce la conclusione di una giornata memorabile, pervasa da una magica intesa di gruppo che spero di poter ritrovare in ogni futura esperienza con Aria Sottile.